15/06/2022

Siccità. Calderoni: “Siamo vicini al punto di non ritorno”

By Agriambiente - Ferrara

L’Autorità di Bacino ha lanciato nei giorni scorsi l’allarme: “La peggior crisi da 70 anni ad oggi”. A preoccupare l’Osservatorio sugli utilizzi idrici del Fiume Po è la siccità che attanaglia la pianura padana. Ma il quadro, già di per sé preoccupante, diventa “apocalittico” se non si corre ai ripari immediatamente.

L’allarme, l’ennesimo, lo lancia Stefano Calderoni, presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, che guarda all’ultima statistica e avverte:

“Si tratta di una statistica relativa, anche perché 70 anni fa gli utilizzi erano molto più ridotti. Possiamo tranquillamente (si fa per dire) che siamo di fronte alla crisi peggiore di sempre. È sempre sbagliato delimitare il campo agli usi irrigui. oltre agli usi civili ci sono da considerare anche quelli dell’industria di trasformazione, che utilizza acqua prelevata da fonti primarie, cioè il Po”.

Se siamo di fronte alla crisi peggiore di sempre, significa che oltre c’è… il precipizio.

“In tutto questo si evidenzia una completa assenza di programmazione. Che ci siano problemi climatici globali era scritto nei libri di storia. Eppure non si è fatto abbastanza per impedire che si raggiungesse questa situazione. Sono decine di anni che il mondo agricolo e il sistema dei consorzi dicono che servono misure per trattenere l’acqua”.

Soluzioni tecniche?

“A Ferrara abbiamo avanzato la questione della bacinizzazione, come avviene nei fiumi del Nord Europa, con dighe e paratie. E se è in gioco la biodiversità, allora qualcuno trovi una valida alternativa, perché si sta arrivando a un punto di non ritorno”.

E in attesa di una alternativa cosa succede?

“Oggi, nel 2022, possiamo solo sperare nella clemenza del tempo. Come piovosità ormai siamo paragonabili allo stato di Israele. Speriamo che ci siano precipitazioni sulle Alpi, come avvenne l’anno scorso. In questo modo si potranno invasare i tra grandi laghi dell’Iseo, di Coma e Maggiore e attraverso di essi rilasciare gradualmente acqua come nel luglio 2021, grazie all’azione di Meuccio Berselli, segretario generale di Aipo (l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, ndr)”.

Altrimenti?

“Se non piove inizieranno a entrare in crisi gli impianti già nei prossimi giorni. Il CER, il Canale emiliano-romagnolo, che porta l’acqua fino a Ravenna ha già superato la soglia di attenzione e tra qualche centimetro di quota sarà emergenza. Tra qualche decimetro invece si fermerà, perché non sarà più in grado di prelevare acqua”.

E gli impianti in provincia di Ferrara?

“Con il Po che cala di 7 cm al giorno abbiamo due settimane di relativa tranquillità. Ma in assenza di precipitazioni dovremo spegnerli anche noi, con il rischio di avere colture, come il pomodoro (che tra l’altro per noi è una filiera strategica in Italia e nel mondo), azzerate. La data ultima per noi è la prima settimana di agosto. Da lì in avanti le esigenze idriche per le colture tendono a diminuire. Saranno determinanti quindi i prossimi 15 giorni di giungo e buona parte del mese di luglio”.

In Piemonte e Lombardia Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende che distribuiscono l’acqua potabile, sta chiedendo ai sindaci di emanare ordinanze che invitino all’uso parsimonioso.

“La questione vera è il rischio di una guerra tra poveri, che si arrivi alla tensione tra imprenditori agricoli, che necessitano di irrigare i campi, e cittadini privati (i quali vanno sempre tutelati per primi), che non vedranno più scendere l’acqua dal rubinetto. Dobbiamo evitare di arrivare a quel punto. Capisco l’esigenza di contingentare questo bene da parte delle regioni a monte del fiume. Noi siamo in fondo alla linea. A prelevarla dopo di noi, geograficamente, non c’è nessuno. è chiaro che prelevare troppo a monte significa prosciugare a valle”.

Intanto qualcosa, a livello di senso civico, possiamo farla anche nel nostro piccolo.

“Certo, Bisogna evitare di utilizzare l’acqua per usi non strettamente necessari, come per i prati e i giardini delle abitazioni o per le piscine private”.

Un altro problema riguarda il cuneo salino, che nel Delta è salito a oltre 10 chilometri dalla costa. In Veneto rischia di contaminare la falde. E nel Ferrarese?

“Stiamo valutando di spegnere l’impianto situato nel comune di Goro e utilizzarlo solo in condizioni di bassa marea, per evitare di rischiare di immettere acqua salata negli impianti destinati all’irrigazione e bruciare così le colture. Quanto al pericolo di contaminazione delle falde, da noi non si corre questo rischio perché gli impianti prelevano dal Po e depurano l’acqua per quanto riguarda gli usi civili. In altre zone il prelievo avviene in falda. Il 23 terremo un convengo a Mesola proprio per ragionare su quali strategie adottare”.

Sembra un quadro catastrofico.

“Lo è. Per questo serve convogliare i fondi del Pnrr per proteggere Il Po. Il Po è vita, è un ecosistema unico, è patrimonio dell’umanità”.

Ma il salvataggio del Grande Fiume è un’impresa troppo grande per le sole forze di un ente locale.

“Il Consorzio Bonifica ha già lanciato un appello per far capire che parliamo di una infrastruttura ambientale, economiche e civile fondamentale. Il problema deve essere affrontato dalla politica nazionale. Se non sarà così sarà una Caporetto, a partire dal comparto agricolo, già messo a dura prova dall’aumento dei costi di produzione. E dopo gli agricoltori la tragedia colpirà le industrie di trasformazioni e infine i cittadini”.

Più che una Caporetto sembra una Apocalisse.

“In 2022 deve essere l’anno in cui si decide di fare qualcosa. Se può servire a capire il baratro che abbiamo di fronte, pensiamo alla perdita economica che si prospetta. A parte il grano e l’orzo, che hanno già terminato il ciclo produttivo, prendiamo il pomodoro, i cui raccolti rischiano di essere completamente annichiliti. Parliamo di 8mila euro ad ettaro per 7mila ettari di superficie coltivata: sono 56 milioni di euro in fumo”.

Approfittiamo di queste pagine per lanciare l’ennesimo appello.

“Chi ha ruoli di responsabilità nel nostro territorio metta la crisi idrica al centro della propria agenda politica e la porti in parlamento. In parlamento si apra un dossier specifico e si inizi a progettare soluzioni salvavita. Il sistema dei consorzi sarà ben lieto di collaborare”.

Da: estense.com