18/06/2022

Mangusta indiana – Rana toro

By Agriambiente - Ferrara

Entro il 31 agosto 2019 era obbligatorio denunciare da parte di privati il possesso di animali esotici inseriti nella lista ufficiale delle specie esotiche invasive di interesse Unionale di cui vige l’obbligo di denunciarne la detenzione.

In base al Reg. UE 1143/2014 – Reg. di esecuzione (UE) 2016/1141 – Reg. di esecuzione (UE) 2017/1263 (aggiornato al 26/04/2019) iniziamo a trattare gli animali inclusi, per renderli più facilmente identificabili.

Mangusta indiana

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La mangusta di Giava (Herpestes javanicus É. Geoffroy Saint-Hilaire, 1818) è un carnivoro della famiglia degli Erpestidi originario del Sud-est asiatico. Fino a non molto tempo fa era raggruppata con la mangusta minore indiana in un’unica specie, ma gli studi molecolari hanno dimostrato che i due taxa costituiscono in effetti due specie separate. È da aggiungere che la maggior parte delle informazioni in nostro possesso su questa specie, in particolare quelle ricavate da studi sulle popolazioni introdotte, sono da attribuire proprio alla mangusta minore indiana. I maschi di mangusta di Giava presentano una lunghezza testa-corpo di 36-42 cm e hanno una coda lunga 27,5-31,5 cm (valore pari al 70-75% della lunghezza testa-corpo); pesano 875-1800 g. Le femmine presentano una lunghezza testa-corpo di 32-36 cm e hanno una coda lunga 25-26,5 cm (valore pari al 70-75% della lunghezza testa-corpo); pesano 530-840 g. I singoli peli, che se esaminati presentano anulature di colore marrone scuro e camoscio chiaro, conferiscono al mantello una colorazione generale variabile tra il giallastro brizzolato e il bruno-oliva; la specie presenta una tinta arancio-rossastra, particolarmente evidente attorno alla testa. La coda è moderatamente lunga. La mangusta di Giava è attiva sia di giorno che di notte. Vive prevalentemente nelle zone erbose e nelle aree ricoperte da boscaglia; evita le fitte foreste sempreverdi. Si nutre di roditori e di molti altri piccoli vertebrati, compresi uccelli, rettili e rane, nonché granchi e grossi insetti.

La rana toro

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La rana toro anche conosciuta come rana bue (Lithobates catesbeianus [Shaw, 1802]) è un anfibio anuro della famiglia Ranidae, originario del Nord America. Il nome deriva dal suo particolare gracidio che può ricordare il muggito dei bovini. È uno dei più grossi anfibi, capace di raggiungere i 20 cm di lunghezza (zampe escluse) e 750 g di peso. Le femmine sono più piccole dei maschi. Si presenta molto simile alla rana verde comune. La distinguono la presenza di una membrana timpanica molto grande ed evidente (soprattutto nel maschio, di dimensione molto maggiore dell’occhio, mentre nella femmina è più piccolo) che può arrivare a raggiungere le dimensioni dell’occhio, e una struttura corporea decisamente robusta, e l’assenza di pliche dorsolaterali. Ha una bocca ampia che gli permette di mangiare grosse prede. Il corpo ha una colorazione verde-brunastra, che con le basse temperature diventa più scura. Le zampe sono spesso a strisce. I girini possono essere molto voraci: a volte possono mangiare gli esemplari più piccoli della loro stessa specie. La metamorfosi può avvenire nel corso di 3 anni.

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In libertà può vivere per 8-10 anni, in cattività fino a 16 anni. Si nutre di invertebrati e di piccoli vertebrati. In Italia si è naturalizzata ed è divenuta infestante nelle vasta rete di fiumi, laghi e canali artificiali che circondano Mantova, nei dintorni di Pavia e alla Malbosteria e nel Lazio, qui presente storicamente in canali di drenaggio nella zona del litorale romano e in vecchie cave di argilla lungo il bacino del fiume Tevere. E’ inserita nell’elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose al mondo e gli impatti da essa causati negli ecosistemi invasi sono ascrivibili soprattutto alla sua dieta generalista e grande voracità. Questo anfibio preda infatti una vasta gamma di animali, a patto che le loro dimensioni lo permettano: piccoli mammiferi, grossi insetti, pesci, uccelli, rettili e, soprattutto, altri anfibi. Dove presente mette quindi in pericolo la sopravvivenza delle popolazioni locali di questi animali, che non riescono a reagire all’efficace predazione dei numerosi individui di questo predatore alloctono. Inoltre, è responsabile della diffusione della chitidriomicosi, malattia fungina mortale per gli anfibi autoctoni, della quale la rana toro è invece portatrice sana.

Fonte: Wikipedia

In fine ricordiamo che la denuncia di possesso è obbligatoria ai sensi del decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, che adegua la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 1143/2014 sulle specie esotiche invasive; queste, infatti, con l’entrata in vigore del decreto, non possono essere detenute, allevate, commercializzate, cedute, scambiate, o poste in condizione di riprodursi e nemmeno rilasciate in ambiente. I possessori di animali da compagnia appartenenti a specie esotiche invasive, non utilizzati a scopo commerciale, possono continuare a custodirli fino a fine vita a condizione di denunciarne il possesso al Ministero dell’Ambiente entro i termini stabiliti dal decreto e di adottare opportune misure per impedire la fuga degli animali e per impedirne la riproduzione. Per la denuncia basta compilare, con l’eventuale aiuto del proprio veterinario, il modulo (937.13 KB) e inviarlo al Ministero dell’Ambiente. L’attestazione dell’invio, tramite PEC, fax o raccomandata, autorizza automaticamente il proprietario a continuare a detenere il proprio animale da compagnia. La ricevuta della PEC, fax o raccomandata attesta l’avvenuta denuncia.

Da: Regione Emilia Romagna